Aviation

Il gioco delle “indennità” nell’aviazione, il caso Ryanair

E’ notizia di alcuni giorni fa della multa imposta a easyJet dall’ispettorato del lavoro di Bergamo, anche Ryanair fu sanzionata qualche mese fa, ma per una motivazione completamente diversa,ma tutto gira intorno alle #indennità.

Come spesso succede in questi casi, si tende a mettere sullo stesso piano le low-cost, accusando il sistema, e a parer mio non c’è cosa peggiore da fare per il solo scopo di pubblicare un articolo e far notizia.

easyJet e Ryanair sono due realtà completamente differenti, non si assomigliano per nulla, ne nel livello del servizio, ne nel trattamento del personale, ne dalla struttura organizzativa.

Questo è importante perchè i due vettori non possono in nessun modo essere messi sullo stesso piano, in particolare modo quando si parla di sanzioni imposte da enti di stato.

Nel dettaglio come si legge anche dalla nota stampa diffusa dall’ispettorato del lavoro, easyJet è stata multata per:

Dagli accertamenti – che al momento hanno riguardato il solo periodo dal 1° maggio al 31 dicembre 2014 e che proseguiranno per le annualità successive – sono emerse violazioni in materia previdenziale e assicurativa per circa 500 unità di personale con conseguente addebito per la Società di circa 3 milioni di euro.

In particolare le violazioni hanno riguardato il mancato assoggettamento a contribuzione di somme corrisposte erroneamente a titolo di “indennità di volo” ai piloti ed assistenti di volo.

Ryanair

Ryanair invece ad aprile è stato oggetto di un approfondita indagine condotta da Inps e Inail e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro l’ha sanzionata per 9,2 milioni di euro.

Secondo l’indagine svolta da Inps e Inail, il personale viene contrattualizzato da società interinali irlandesi registrate in Italia come “compagnie aeree”, ma non hanno neanche un aereo e non posseggono neanche un autorizzazione da ENAC.

Con questo tipo di sistema, i salari possono essere in parte pagati come indennità di volo, sui cui è possibile non versare contributi (anche per easyJet si parla di indennità) ma solo a determinate condizioni.

Si conta che sono stati evasi contributi previdenziali sugli stipendi di 600 tra piloti e assistenti di volo, almeno per tutto il 2014.

In quell’anno non ha nemmeno pagato i contributi per la tredicesima e la quattordicesima.

Ryanair si è sempre difesa e schermata dietro le normative internazionali, fino  quando i piloti e gli assistenti di volo, iniziarono a scioperare un anno fa richiedendo un adeguamento salariale ma soprattutto un contratto di lavoro, concordato con i sindacati dei vari paesi e allineato alle forme contrattuali dei paesi in cui le basi sono presenti.

L’Ispettorato del Lavoro, questa volta ha detto basta e punta sul diritto tributario italiano: Ryanair deve pagare i contributi in Italia e restituire al fisco 9,2 milioni di euro.

Le indennità

E’ il Fatto Quotidiano ad aver intervistato il responsabile dell’indagine a far chiarezza sulla questione.

L’oggetto della questione come nel caso di easyJet questa volta sono le indennità, che è bene precisare che nel caso di easyJet non sono la voce principale dello stipendio, mentre in Ryanair come in altre compagnie si.

Lo stipendio in Ryanair era molto soggetto al numero di voli effettuati durante il mese, quindi il risparmio per la compagnia è quello di pagare buona parte degli stipendi sotto forma di indennità di volo, sulla quale le compagnie aeree non sono tenute a pagare i contributi.

Il responsabile dell’indagine Venturi, è molto chiaro su questo aspetto, con un esempio pratico:

“Se su mille euro 700 vengono pagati sotto questa forma, peraltro senza che ci sia stato un accordo sindacale, su quei 700 euro l’azienda non versa i soldi che dovrebbe allo Stato. Questa indennità è dovuta solo quando il dipendente non ha un aeroporto di riferimento. In questo caso, invece, tutti i dipendenti Ryanair che lavorano in Italia ne hanno uno“. Quindi per la legge l’istituto non può essere utilizzato.

Il perno su cui ruota il sistema sono le società attraverso cui viene assunto il personale. Ryanair fa contrattualizzare parte due suoi dipendenti, in genere i più giovani, da piccole aziende di diritto irlandese di somministrazione di manodopera. Sono sei in tutto, le più grandi delle quali sono “Crewlink” e “Work Force“: una galassia di società interinali che la low cost usa come bacino di forza lavoro. Queste società sono registrate in Italia come compagnie aeree e per questo possono pagare parte degli stipendi come indennità di volo.

Il problema è che, prosegue Venturi, “queste aziende non posseggono neanche un aereo e non sono autorizzate da Enac. Quindi sono registrate come compagnie aeree in maniera illegittima allo scopo di non pagare i contributi”.

Continua Venturi:

Queste aziende si sono stabilite in Italia dal punto di vista previdenziale in quella che si chiama una totale commistione con un unico regista, schema che non è consentito dalle nostre leggi ma è previsto dal diritto internazionale, Per questo non ne abbiamo contestato l’illegittimità, ma abbiamo deciso di chiedere a Ryanair i contributi non pagati perché siamo certi che in questo caso si applica il diritto previdenziale italiano, secondo cui chi beneficia della prestazione deve pagare i contributi”.

E’ ancora una volta necessaria una precisazione, tutto il personale easyJet è assunto direttamente dal vettore britannico senza società esterne.

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