biblioteca Capitolare di Verona Volotea

Volotea4Veneto, la biblioteca Capitolare di Verona

Il terzo progetto del contest #Volotea4Veneto riguarda la biblioteca Capitolare di Verona.

La Biblioteca Capitolare di Verona è una famosa istituzione conosciuta per essere la biblioteca più antica al mondo e per la preziosità dei suoi manoscritti, tanto che il paleografo Elias Avery Lowe (1879-1969) l’ha definita come “la Regina delle collezioni Ecclesiastiche”, uno dei tanti tesori del nostro Veneto.

Il progetto

Il progetto riguarda il rinnovamento digitale della Biblioteca Capitolare, attraverso un approccio innovativo per arricchire il percorso espositivo, con lo scopo di preservarne l’eredità, condividerla con il mondo e trasmetterla alle generazioni future. Gli oltre 1500 anni della sua storia saranno raccontati attraverso stanze multimediali immersive, mostre tematiche virtuali e dispositivi per la realtà aumentata, che andranno a integrare la digital library nella sua dimensione accademica.

Per votare e conoscere gli altri 3 progetti, tra cui quello che riguarda il labirinto di Villa Pisani a Strà, in questo articolo le indicazioni e i dettagli del contest promosso da Volotea, in collaborazione con il Gruppo SAVE e Regione Veneto.

Vi ricordo che tra tutti i partecipanti verrà estratto un vincitore che volerà gratis per un anno con Volotea da Venezia e Verona.

Biblioteca Capitolare di Verona

La Biblioteca Capitolare è la più antica biblioteca al mondo di area culturale latina ad essere ancor oggi in attività.
Nasce come emanazione dello «Scriptorium», una sorta di officina libraria dove venivano prodotti libri su pergamena per l’istruzione e la formazione disciplinare e religiosa dei futuri sacerdoti. Gli amanuensi, incaricati della copiatura dei testi, erano sacerdoti della Schola majoris Ecclesiae, cioè i Canonici del Capitolo (da cui l’aggettivo «capitolare») della Cattedrale. Durante i secoli di transizione tra Tarda Antichità ed Alto Medioevo, caratterizzati da profonde crisi, furono infatti prevalentemente gli uomini di Chiesa a ricevere un’istruzione, nonché ad avere la possibilità di acquisire e tramandare l’antica cultura classica nonostante la decadenza politica, sociale, demografica ed economica. 

Uno scorcio di alcuni scaffali colmi di libri antichi della Biblioteca Capitolare di Verona

Uno di costoro, Ursicino, ci lascia la prima testimonianza dell’esistenza dello Scriptorium. Dopo aver terminato di scrivere la vita di san Martino, composta da Sulpicio Severo, e la vita dell’eremita tebaico san Paolo, compilata da san Girolamo, alla conclusione del codice XXXVIII  aggiunge alcuni dati decisamente inusuali per l’epoca: il proprio nome, il luogo («Verona») e la data: le calende di agosto dell’anno di consolato di Agapito. La datazione è dunque facilmente identificabile al 1 agosto del 517, quando Teodorico, re degli Ostrogoti, dominava a Verona. 

La notizia, anche se scarna nella forma, è di estrema importanza: essa infatti ci presenta, all’inizio del secolo VI, una prima forma di attività culturale organizzata per la copiatura dei testi. È dunque verosimile che l’impianto originario dello Scriptorium risalga almeno al secolo precedente, o forse sia collegato all’istituzione della prima Basilica nel IV secolo

Tra gli altri tesori presenti in Capitolare vi sono anche codici più antichi rispetto ad Ursicino come ad esempio del cod. XXVIII : il più antico codice conosciuto a riportare parte del «De Civitate Dei» di S. Agostino (risalente all’inizio del secolo V, e dunque coevo all’autore).

Quando nacque la lingua italiana…

Quando nacque la lingua italiana? Tutti sanno che è nata dal latino parlato, il quale attraverso cambiamenti, storpiature ed anche influssi di altri dialetti, ha dato origine al nostro linguaggio. La più antica testimonianza scritta ad oggi conosciuta di questa lunga evoluzione linguistica è contenuta nel cosiddetto “Indovinello veronese“, scritto sul margine superiore del folio 3r del codice LXXXIX: un libro di preghiere liturgiche usato in Spagna e scritto in caratteri visigotici.

Dalla penisola iberica dopo diverse traversie, il codice approdò a Verona. Qui uno scrivano, forse per provare la punta della sua penna, scrisse: 

«Separeba boves, alba pratalia araba, albo versorio teneba et negro semen seminaba» 
Ossia: “Teneva davanti a sé i buoi (le due dita della mano), arava i bianchi prati (le pagine del libro), teneva un bianco aratro (la penna d’oca) e seminava il seme nero (cioè l’inchiostro).” È facile indovinare che si tratta dello scrivano all’inizio del suo lavoro.

Per saperne di più sulla biblioteca, visita il sito ufficiale.